traversare il confine con la Croazia, confine che oggi i turisti
passano quasi senza accorgersi ma che venti anni fa ritardò di un anno
l'assalto a Bihac, cioè l'entrata della guerra in Bosnia. IN Croazia
tutto iniziò nel 1991 e in Bosnia un anno dopo. Era una federazione
dai confini amministrativi ma in quel caso funzionarono come confini
bellici perchè così faceva comodo. Spacchettare un conflitto e
spargerlo a macchia di leopardo conveniva anche solo per confondere le
idee all'Europa ignorante e spesso in mala fede.
Oggi nella area del cantone di Bihac (Una-Sana Kanton), a fronte di
amministrazioni locali e politici mediocri o peggio, la popolazione
cerca di ricostruire la propria esistenza e la propria cultura. I
turisti stanno tornando, quelli furbi, per primi, con poco denaro si
lanciano dalle cascate e sfrecciano sui canotti, grazie all'ingegno
dei bosniaci che sanno quanto sia bella la natura di questa zona.
Fortezze medievali, islamizzate, comunità locali ognuna con la propria
associazione per lo sviluppo, per la danza popolare, per la musica
popolare e agricoltori che stanno scoprendo lentamente che possono
organizzarsi per riscattarsi dalla miseria e difendersi dalle grandi
compagnie che stanno come avvoltoi sulle alture.
A Bihac non si curano di rifare gli intonaci, ancora dopo 16 anni
dalla fine del conflitto restano tanti segni della guerra e non solo
di quella degli anni 90, se ne vedono anche della guerra mondiale
finita nel 45.
Forse è meglio così. Visto che la guerra non si è mai conclusa
davvero, forse è meglio che gli intonaci restino sbriciolati fino a
che la Storia non avrà chiarito finalmente perchè in Europa si è
arrivati a una guerra per dividere una Federazione formata da
Repubbliche già largamente autonome.
Da oggi ci dirigiamo in aree a maggioranza croata.
claudio gherardini - foto di marco quinti
Nessun commento:
Posta un commento