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19 novembre 2019

4.Vivere solidali con gli "altri" e i "diversi" fa vivere bene.




Sabato 16 novembre a Londa (Fi) Festa del Centro Sinistra.
Incontro con Don Massimo Biancalani di Vicofaro (PT), Raoul Pacifici di Quei Ragazzi e Fabio Tatini di Terre del Sicomoro.
Intervento di Fabio Tatini

3.Vivere solidali con gli "altri" e i "diversi" fa vivere bene.




Sabato 16 novembre a Londa (Fi) Festa del Centro Sinistra.
Incontro con Don Massimo Biancalani di Vicofaro (PT), Raoul Pacifici di Quei Ragazzi e Fabio Tatini di Terre del Sicomoro.
Intervento di Don Massimo Biancalani

2.Vivere solidali con gli "altri" e i "diversi" fa vivere bene.




Sabato 16 novembre a Londa (Fi) Festa del Centro Sinistra.
Incontro con Don Massimo Biancalani di Vicofaro (PT), Raoul Pacifici di Quei Ragazzi e Fabio Tatini di Terre del Sicomoro.
Intervento di Raoul Pacifici

02 giugno 2018

Inceneritori e economia circolare, binomio inevitabile!


Firenze, 1 giugno 2018.

Sul bollente argomento rifiuti e riciclo, si è svolto presso la sede CISL cittadina un incontro sull'economia circolare che non è proprio una novità e che soprattutto ancora non ha "preso piede" in Italia. Perché questo avvenga vanno modificate le filiere produttive di una considerevole parte delle produzioni, specie di imballaggi e vanno cambiate le abitudini della grande distribuzione e dei cittadini. Il che è chiaramente un obiettivo a lunghissimo termine, mentre i rifiuti si accumulano a montagne proprio dove non si vuole chiudere il processo circolare con l'incenerimento con recupero di energia. Raramente si trova un politico che parli di chiusura del ciclo dei rifiuti. Tutti i ragionamenti si fermano prima, cercando di ignorare che non tutto è riciclabile e che nessuno al mondo è per ora riuscito a evitare il residuo finale del ciclo che ha solo 2 strade per finire: discarica (il male assoluto secondo la deputata europea Simona Bonafè) oppure l'incenerimento con recupero di energia. Abbiamo invece trovato il segretario CISL di Firenze e Prato che non teme di dirsi favorevole.

Ecco le interviste che abbiamo realizzato all'incontro.








13 maggio 2018

Forse avete tempo di studiare la Storia?

Avete voglia di studiare la Storia? http://www.iisf.it/discorsi/einaudi/mito_s_s.htm ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI LUIGI EINAUDI Il mito dello Stato sovrano* In una lettera indirizzata a Luigi Albertini, direttore del «Corriere della Sera» e pubblicata (a firma Junius e ristampata dai Laterza di Bari nelle Lettere politiche di Junius) nel numero del 5 gennaio 1918, criticavo i disegni di una costituenda «Società delle Nazioni», quando altri, che poi fu gran parte nel distruggerla, presiedeva ad una adunata di popolo indetta allo scopo di propugnare la costituzione di una associazione italiana per il promuovimento della idea societaria. Sostenevo nella lettera la tesi che l’idea medesima della società delle nazioni era sbagliata in principio e perciò caduca e promuovitrice di guerra. Facile era la profezia; ché il presidente Wilson, apostolo nobilissimo dell’idea della società delle nazioni, non aveva bisogno di appellarsi ad esempi storici memorandi di insuccesso, come quelli della lega anfizionica, del Sacro Romano Impero, di nazione germanica o della Santa Alleanza. Gli bastava guardarsi indietro, indagando le ragioni per le quali i tredici Stati originari del suo grande paese avevano dovuto mutare alla radice il loro ordinamento. Scrivevo in quella ormai vecchia lettera: “Leggesi in tutte le storie come gli Stati Uniti siano vissuti sotto due costituzioni: la prima disposta dal congresso del 1776 ed approvata dagli Stati nel febbraio 1781, la seconda approvata dalla convenzione nazionale il 17 settembre 1787 ed entrata in vigore nel 1788. Sotto la prima, l’unione nuovissima minacciò ben presto di dissolversi; sotto la seconda gli Stati Uniti divennero giganti. Ma la prima parlava appunto di "confederazione ed unione" dei 13 Stati, come oggi si parla di "Società delle Nazioni" e dichiarava che ogni Stato "conservava la sua sovranità, la sua libertà ed indipendenza ed ogni potere, giurisdizione e diritto non espressamente delegati al governo federale". La seconda, invece, non parlava più di "unione fra Stati sovrani", non era più un accordo fra governi indipendenti; ma derivava da un atto di volontà dell’intero popolo, il quale creava un nuovo Stato diverso e superiore agli antichi Stati. "Noi - cosi dice lapidariamente il preambolo della vigente costituzione federale - noi, popolo degli Stati Uniti, allo scopo di fondare una unione più perfetta, stabilire la giustizia, assicurare la tranquillità interna, provvedere per la comune difesa, promuovere il benessere generale e garantire le benedizioni della libertà per noi e per i posteri nostri, decretiamo e fondiamo la presente costituzione per gli Stati Uniti d’America". Ecco sostituito al "contratto", all’accordo" fra Stati sovrani per regolare "alcune" materie di interesse comune, un atto di sovranità del popolo americano tutto intero", il quale crea un nuovo Stato e gli dà una costituzione e lo sovrappone, in una sfera più ampia, agli Stati antichi serbati in vita in una sfera più ristretta. Ve n’era urgente bisogno. Quei sette anni di vita, dal 1781 al 1787, della "società" delle 13 nazioni americane erano stati anni di discordie, di anarchia, di egoismo tali da far desiderare a non pochi l’avvento di una monarchia forte, che fu invero offerta a Washington e da questi respinta con parole dolorose, le quali tradivano il timore che l’opera faticosa sua di tanti anni non dovesse andare perduta. La radice del male stava appunto nella sovranità e nell’indipendenza dei 13 Stati. La confederazione, appunto perché era.una semplice "società di nazioni", non aveva una propria indipendente sovranità, non poteva prelevar direttamente imposte sui cittadini. Dipendeva quindi, per il soldo dell’esercito e per il pagamento dei debiti contratti durante la guerra dell’indipendenza, dal beneplacito di 13 Stati sovrani. Il congresso nazionale votava spese, impegnava la parola della confederazione e per avere i mezzi necessari indirizzava richieste di danaro ai singoli Stati. Ma questi o negligevano di rispondere o non volevano, nessuno tra essi, essere i primi a versare le contribuzioni nella cassa comune. "Dopo brevi sforzi" - cosi scrive il giudice Marshall nella sua classica Vita di Washington, riassumendo le disperate e ripetute invocazioni e lagnanze che a centinaia sono sparse nelle lettere del grande generale e uomo di Stato - "dopo brevi sforzi compiuti per rendere il sistema federale atto a raggiungere i grandi scopi per cui era Stato istituito, ogni tentativo apparve disperato e gli affari americani si avviarono rapidamente ad una crisi, da cui dipendeva l’esistenza degli Stati Uniti come nazione... Un governo autorizzato a dichiarare guerra, ma dipendente da stati sovrani quanto ai mezzi di condurla, capace di contrarre debiti e di impegnare la fede pubblica al loro pagamento, ma dipendente da 13 separate legislature sovrane per la preservazione di questa fede, poteva soltanto salvarsi dall’ignominia e dal disprezzo, qualora tutti questi governi sovrani fossero stati amministrati da persone assolutamente libere e superiori alle umani passioni". Era un pretendere l’impossibile. Gli uomini forniti di potere non amano delegare questo potere ad altri; ed è perciò quasi impossibile, conclude il biografo, "compiere qualsiasi cosa, sebbene importantissima, la quale dipenda dal consenso di molti distinti governi sovrani". Ed un altro grande scrittore e uomo di Stato, uno degli autori della costituzione del 1787, Alessandro Hamilton, cosi riassumeva in una frase scultorea la ragione dell’insuccesso della prima società delle nazioni americane: “Il potere, senza il diritto di stabilire imposte, nelle società politiche, è un puro nome"». Questi ammonimenti solenni non possono essere dimenticati. Oggi, vi è in Italia un gruppo di giovani, temprati alla dura scuola della galera e del confino nelle isole, il quale è deliberato a mettere il problema della federazione in testa a tutti quelli i quali debbono essere discussi nel nostro paese. Non senza viva commozione ricevetti, durante i lunghi trascorsi anni oscuri, una lettera scrittami dal carcere da Ernesto Rossi, nella quale mi si ricordava l’antica lettera e mi si diceva il suo deliberato proposito di voler operare per tradurre in realtà l’idea federalistica. L’opera sinora si è forzatamente limitata, dentro e fuor del confino, in Italia ed all’estero, a convegni, ad opuscoli, fogli tiposcritti e giornaletti a stampa. Sia consentito all’antico oppugnatore dell’idea societaria, di aggiungere, agli opuscoli già divulgati in materia, una professione di fede. Noi federalisti non difendiamo una tesi la quale sia a vantaggio di alcun paese egemonico, né dell’Inghilterra, né degli Stati Uniti, né della Russia. Vogliamo porre il problema nei suoi nudi termini essenziali, affinché l’opinione pubblica conosca esattamente quali condizioni debbano essere necessariamente osservate affinché l’idea federale possa contribuire, invece di porre ostacoli, al mantenimento della pace. Se si vuole fra venticinque anni una nuova guerra la quale segni la fine d’Europa si scelga la via della società delle nazioni, se si vuole tentare seriamente di allontanare da noi lo spettro della distruzione totale si vada verso l’idea federale. La via sarà tribolata e irta di spine; né la mèta potrà essere raggiunta d’un tratto. Quel che importa è che la mèta finale sia veduta chiaramente e si intenda strenuamente raggiungerla. Perché l’idea della società delle nazioni è infeconda e distruttiva? Perché essa è fondata sul principio dello Stato “sovrano”. Questo è oggi nemico numero uno della civiltà, il fomentatore pericoloso dei nazionalismi e delle conquiste. Il concetto dello Stato sovrano, dello Stato che, entro i suoi limiti territoriali, può fare leggi, senza badare a quel che accade fuor di quei limiti, è oggi anacronistico ed è falso. Quel concetto è un idolo della mente giuridica formale e non corrisponde ad alcuna realtà. In un mondo percorso da ferrovie, da rapide navi, da aeroplani, nel quale le distanze sono state annullate da telegrafi e telefoni con o senza fili, gli Stati, che un giorno parevano grandi, come l’Italia, la Francia, la Germania, l’Inghilterra, a tacer di quelli minori, sono diventati piccoli come nel quattrocento eransi rimpiccioliti i liberi comuni medioevali, e Firenze e Bologna e Milano e Genova e Venezia avevano dovuto dar luogo a più ampie signorie e queste poi, nel '500 e nel '600, dovettero cedere il passo dinnanzi ai grandi Stati moderni. Pensare che uno Stato, sol perché si dice sovrano, possa dare a se stesso leggi a suo libito, è pensare l’assurdo. Mille e mille vincoli legano gli uomini di uno Stato agli uomini di un altro Stato. La pretesa alla sovranità assoluta non può attuarsi entro i limiti dello Stato sedicente sovrano. Gli uomini, nella vita moderna signoreggiata dalla divisione del lavoro, dalle grandi officine meccanizzate, dalle rapide comunicazioni internazionali, dalla tendenza ad un elevato tenore di vita, non possono vivere, se la loro vita è ridotta ai limiti dello Stato. Autarchia vuol dire miseria; e necessariamente spinge gli uomini alla conquista. Gli uomini viventi entro uno Stato sovrano debbono, sono dalla necessità del vivere costretti ad assicurarsi fuor di quello Stato i mezzi di esistenza, le materie prime per le proprie industrie e gli sbocchi per i prodotti del loro lavoro. Qualunque sia il regime sociale che gli Stati si sono dato, essi sono costretti alla conquista dello spazio vitale. L’idea dello spazio vitale non è un frutto di torbide immaginazioni germaniche od hitleriane; è una logica fatale conseguenza del principio dello Stato sovrano. Quella idea non ha limiti. Necessariamente porta al tentativo di conquista del mondo. Andrebbe al di là, se fosse fisicamente possibile. Non esiste uno spazio vitale autosufficiente. Quanto più uno Stato si ingrandisce, tanto più le sue industrie ingigantiscono e diventano voraci assorbitrici di materie prime e bisognose di mercati sempre più ampi. Quando pare di essere giunti alla fi­ne, sempre fa difetto una materia essenziale, senza di cui il meccanismo economico, divenuto colossale, si incanta. La necessità del dominio mondiale è carne viva e sangue rosso poiché tutti gli Stati sovrani vantano il medesimo e giusto diritto allo spazio vitale, al dominio mondiale, perché senza di esso non possono vivere o vivrebbero solo se si rassegnassero ad una vita miserabile economicamente ed oscura spiritualmente, indegna della società umana, il mito dello Stato sovrano significa, è sinonimo di “guerra”. La guerra del 1914-18, quella presente e l’orrenda maggiore carneficina che si prepara per l’avvenire furono sono e saranno il risultato necessario del falso idolo dello Stato sovrano. Uomini più ossessionati degli altri hanno assunto la responsabilità di scatenare gli eccidi. Ma la causa profonda era la falsa idea della quale essi si fecero apostoli. Fa d’uopo che tutti ci facciamo apostoli dell’idea contraria. Quella della società delle nazioni non solo è monca, ma va contro il fine che si vuol raggiungere. Poiché essa è ancora una lega fra Stati “sovrani”, essa rinnega il principio dal quale muove. Ponendoli gli uni accanto agli altri, acuisce gli attriti fra Stati, li moltiplica, proclama al mondo la volontà degli uni a non volere adattarsi all’uguale volontà degli altri, epperciò cresce le occasioni di guerra. Altra via d’uscita non v’è, fuor di quella di mettere accanto agli Stati attuali un altro Stato. Il quale abbia compiti sui propri ed abbia un popolo “suo”. Invece di una società di Stati sovrani, dobbiamo mirare all’ideale di una vera federazione di popoli, costituita come gli Stati Uniti d’America o la Confederazione Elvetica. Gli organi supremi, parlamento e governo, della confederazione non possono essere scelti dai singoli Stati sovrani, ma debbono essere eletti dai cittadini della confederazione. Esercito unico e confine doganale unico sono le caratteristiche fondamentali del sistema. Gli Stati restano sovrani per tutte le materie che non siano delegate espressamente alla federazione; ma questa sola dispone delle forze armate, ed entro i suoi confini vi è una cittadinanza unica ed il commercio è pienamente libero. Fermiamoci a questi punti che sono gli essenziali e da cui si deducono altre numerose norme. Entro i limiti della federazione la guerra diventa un assurdo, come sono divenute da secoli un assurdo le guerre private, le faide di comune e sono represse dalla polizia ordinaria le vendette, gli omicidi ed i latrocini privati. La guerra non scomparirà, ma sarà spinta lontano, ai limiti della federazione. Divenute gigantesche le forze in contrasto, anche le guerre diventeranno più rare; finché esse non scompaino del tutto, nel giorno in cui sia per sempre fugato dal cuore e dalla mente degli uomini l’idolo immondo dello Stato sovrano. * Il risorgimento liberale, 3 gennaio 1945.

10 gennaio 2018

Con Putin al posto di Darth Vader, Emir Kusturica si sente di poter dire finalmente quello che pensa....






Emir Kusturica a Banja Luka, riportato in italiano dal sito embedded russo -it.sputniknews.com. 
 Premetto: Ora finalmente si sente sicuro di poter dire quello che pensa.... Salvo che l'Occidente lo ha fatto diventare ricco e famoso e che nella sua città natale è bene che non si presenti. Cosa rara anche per i peggio, non essere graditi nella propria città Natale dove era amico di tutti. Un discorso farsesco in una occasione farsesca. Parla ancora di 700 anni fa, come fece Milosevic per distruggere la Yugoslavia. Il lato oscuro della forza lo conquistò prima che arrivasse Putin. Poteva essere il testimonial della pacificazione e invece sogna altre guerre.... mah.... 
 ------ Da Sputnik "Kusturica accusa l’Occidente di genocidio nei confronti dei serbi 
 Le forze occidentali nel corso degli ultimi 700 anni hanno condotto nei confronti del popolo serbo una politica di genocidio, ha dichiarato il regista serbo Emir Kusturica alla cerimonia di consegna dei premi di stato della Repubblica Srpska e Bosnia Erzegovina. "Per sette secoli l'Occidente ha condotto una specie di genocidio contro il nostro popolo. Questo genocidio è continuato sotto Napoleone, che ha capito che l'influenza russa sul Danubio era un problema enorme per tutta l'Europa occidentale, e per i suoi piani di conquistare la lontana Siberia, riunì 600.000 soldati e andò Russia; ne tornarono solo 30.000" ha detto Kusturica. Il regista ha osservato che dopo l'arrivo di Napoleone e Austria-Ungheria, i serbi hanno subito di tentativi di essere divisi con i "fratelli slavi". A questo proposito, ha esortato, "è estremamente importante mantenere la nostra idea di libertà attraverso la conservazione della lingua, la conservazione della nostra chiesa e soprattutto della Repubblica Srpska, che è il punto più occidentale abitato dal popolo serbo." Emir Kusturica ha invitato i serbi a resistere alla perdita della memoria storica, esortando a conservare la storia, la cultura, la lingua e la religione, e si è congratulato con il Presidente della Repubblica Srpska Milorad Dodik in occasione della Giornata della Repubblica. Martedì 9 gennaio, la Repubblica Srpska celebra il 26 ° anniversario della sua formazione. Alle celebrazioni nella capitale Banja Luka prenderanno parte l'ex presidente della Serbia, Tomislav Nikolic, il capo della Chiesa ortodossa serba il patriarca Irinej e il capo dell'Abkhazia Raul Khajimba. Ricordiamo che a luglio Kusturica ha detto alle frontiere russe ci sono le forze militari della NATO, molto più pericolose di quelle dei nazisti. Ha definito inoltre Vladimir Putin un eroe e alla fine del 2016 ha dichiarato che il presidente russo ha introdotto un equilibrio nella politica mondiale." (sputniknews) 
 Ulteriori commenti? 
 Ecco l'occasione nella quale ha parlato. Festa secessionista dei Serbi di Bosnia. https://youtu.be/cmUu6MNn4nY

03 febbraio 2017

Ci ha lasciati Predrag Matvejevic e lascia un grande vuoto.


Ci ha lasciati Predrag Matvejevic e lascia un grande vuoto.

Nato a Mostar dove visse la seconda guerra mondiale nella fame e nel sangue, è divenuto un faro della civiltà che non prevede muri di alcun genere. Candidato a un Nobel che non gli venne mai assegnato, scrisse "Breviario Mediterraneo" pietra miliare della letteratura europea e balcanica.

Sua l'idea di definire alcuni regimi politici, oggi sempre più numerosi, "Democrature" e non credo che ci sia bisogno di spiegare cosa intendesse.

Sempre mal visto dai tutti i politici dell'Europa orientale, era per natura privo di confini in ogni senso. I politici in genere gradiscono confini, muri, reticolati, e nei Balcani, poi, sono specialisti. 

Figlio di padre russo e madre croato jugoslava, cittadino di Mostar, che non lo amava, è morto a Zagabria, nella capitale della Croazia che lo aveva condannato per aver definito i suoi colleghi croati dei talebani guerrafondai. Condannato a cinque mesi nel 2005, non si appellò, considerando la condanna come una medaglia.

Quando si vedono messaggi di cordoglio in tante lingue di tutto il Mondo, e non si tratta di un tycoon o di un presidente, è il segno che è scomparso un illuminato che ha dedicato la sua vita a cause unificanti, abbattimento di confini, conoscenza e contaminazione culturale senza limiti. 

Mi vengono in mente Ernesto Balducci, Alex Langer e Antonio Russo, ma anche Giulio Regeni, giovane che avrebbe dato molto a tanti.

Ricordo Matvejevic nella sua trattoria preferita nel quartiere turco di Sarajevo mentre parlava di politica, qualche anno fa, ma ebbi modo di incontrarlo a Mostar nel luglio del 2004 quando la parte musulmana festeggiava la riapertura del ricostruito Ponte Vecchio, imbandierata di vessilli turchi e nella totale indifferenza della parte cattolico croata che sul ponte non è mai più passata, ma che dominava la scena grazie alla enorme, spropositata, croce bianca che svetta sulla montagna che domina la città più invivibile della Bosnia.

In quel giorno di festa, le autorità bosniache certo non avevano invitato Matvejevic, che probabilmente avrebbe anche rifiutato, ma lui era in città per un convegno organizzato da italiani sull'acqua per tutti. 

Con il suo spirito parlava di cose serie in modo chiaro e piacevole, lui, mostarino in esilio, era in un piccolo auditorium a parlare della sostanza vitale principale, l'acqua, di mari e fiumi e dei ponti, quelli veri, che uniscono. Mentre fuori infuriavano i nazionalismi sanguinari ma al tempo stesso da operetta di una patria che per lui era più che ingrata. Chissà se qualche giornale bosniaco darà la notizia della sua scomparsa.

Perdiamo un altro Uomo non rieducabile e insostituibile.... purtroppo.


Claudio Gherardini







23 aprile 2015

Emma Bonino ieri a Radio Anch'io e stamani su La7, in 2 mattine, ha detto più parole sensate della media annuale di tutti i mezzi radiotv, assommati, in un anno . #emmabonino #radicali #migranti #triton #africa #libia se volete riascoltare copiate e incillate la link qui sotto.

http://www.radio1.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-464de699-ecfd-41ac-ad30-1440356d0708.html?iframe

14 febbraio 2015

Claudioghera da vivo. Con chi stai2?

Sei un nazi-comunista?

Da http://www.guerraucraina.it/index.php/rassegna-stampa/item/l-identikit-del-nazicomunista ------------------------------- L’identikit del "nazicomunista" on Venerdì, 30 Gennaio 2015. Posted in Rassegna Stampa -------------------------------- DI GABRIELE BONAFEDE Nel XX secolo, nazisti da una parte e comunisti dall’altra se le sono date di santa ragione. Con milioni di morti dall’uno e dall’altro lato. Nel XXI secolo, invece, si sono alleati. Non che non lo avessero fatto anche nel XX secolo, se pensiamo al patto Ribbentrop-Molotov che resse per ben due anni dall’estate 1939 a all’estate 1941. Ma adesso i nazicomunisti coesistono persino in intere formazioni e alleanze politiche e finanche nel “credo politico” di singoli individui, evidentemente affetti da “bipolarità politica”: una nuova malattia sociale che colpisce molti cittadini europei, soprattutto italiani. Possiamo quindi definire le caratteristiche di questa malattia, che può colpire anche persone apparentemente “colte” e “coerenti”. Si tratta dell’identikit del “nazicomunista”, o del “comunazista”. Innanzitutto, il nazicomunista plaude sia ai leader di estrema sinistra sia a quelli d’estrema destra: gli piace Tsypras anche se si allea con la destra, (meglio il KKE, partito comunista greco, possibilmente alleato con Alba Dorata, partito neonazista greco) ma gli piace anche Marine Le Pen del Front National francese. Gli piacciono i partiti veterocomunisti ma anche i partiti nazionalisti-xenofobi come l’Ukip inglese. Approva le parole razziste e guerrafondaie del più grande alleato degli estremisti islamici in Italia, cioè Salvini, sia quando si allea con il sedicente “anticomunista” Berlusconi, sia quando parla bene del dittatore comunista della Corea del Nord, sia quando fomenta l’odio razziale contro meridionali e mussulmani, facendo il gioco degli estremisti islamici. Il nazicomunista si schiera sempre e comunque contro le democrazie e a favore delle dittature, più o meno sanguinarie. Si lamenta della mancanza di libertà di stampa in Italia per poi sostenere Putin, che i giornalisti li ammazza direttamente. Il nazicomunista sostiene i terroristi del Donbass che combattono con le svastiche tatuate sul corpo, salvo poi a criticare il governo ucraino quale governo “fascista” o “nazista”. Il nazicomunista dà credito alle evidenti bugie di Putin che bolla il governo attuale dell’Ucraina come “scaturito da un colpo di stato fascista sostenuto dall’imperialismo-Usa”, anziché da una rivolta di piazza di milioni di cittadini ucraini uniti per la libertà e contro qualsiasi dittatura. I nazicomunisti sono in genere per qualsiasi separatismo specialmente se è un separatismo violento e antidemocratico. Sostengono le “rivoluzioni”. Ma sono contrari a rivoluzioni pacifiche e democratiche: secondo loro le rivolte devono essere violente e condurre a una dittatura. Altrimenti non sono da sostenere. E da sostenere sono i dittatori come Gheddafi, Assad o qualsiasi altro dittatore che massacra il proprio popolo che si rivolta contro le loro dittature. I nazicomunisti sono per Chavez ma anche per Le Pen, basta essere contro la democrazia e, soprattutto, contro gli Stati Uniti. Specialmente se il presidente degli Stati Uniti è un nero. I nazicomunisti bollano gli americani come razzisti, ma poi plaudono alle follie razziste di Le Pen e Salvini e criticano il presidente Usa perché è di colore o “abbronzato”. I nazicomunisti sono sconvolti dalla tendenza dei poliziotti americani a sparare sui neri, ma approvano le leggi liberticide di Putin e l’attitudine a torturare i prigionieri politici da parte dei poliziotti e soldati di Putin e altri dittatori del suo stampo, compreso quello che governa la Corea del Nord. E, sebbene condannino la polizia americana come orrenda quando spara sui neri, sono orripilati dalla presenza di neri nel proprio Paese, tanto che gli sparerebbero loro stessi. I nazicomunisti odiano due cose: i razzisti e i negri. E quindi se stessi, per soddisfare la prima condizione. Ma qualcuno soddisfa ambedue le condizioni. Pazzesco, ma è così. Infatti ci sono persino leghisti e pro-Salvini che sono anche siciliani e calabresi. I nazicomunisti sono impauriti e sconvolti dalla presenza di tanti cinesi immigrati, ma poi plaudono alla Cina quando sostiene Putin e quando è contro le democrazie occidentali in eventuali risoluzioni Onu che possano difendere i diritti umani o le minoranze del Tibet. Il nazicomunista è impaurito dalla presenza di tanti mussulmani integralisti ed estremisti. Anzi, è impaurito dalla presenza stessa dei mussulmani, anche moderati, in Europa. Ma poi cerca di “capire” le “ragioni” delle bestie naziste dell’Islamic State (IS) e degli assassini che hanno fatto strage di giornalisti a Charlie Hebdo. Il nazicomunista è contro l’Islam, ma assolutamente contrario a qualsiasi intervento organizzato per contenere la furia omicida delle bestie naziste, sedicenti islamiche, di Boko-Haram in Africa e dell’IS in Siria e Iraq. I nazicomunisti sono “politically correct” nei riguardi degli omosessuali, salvo poi a glorificare le politiche di Putin, vero “faro” del nazi-comunismo internazionale, quando toglie la patente ai gay. Il nazicomunista è a favore della separazione delle “minoranze nazionali”, come quella catalana, salvo a chiudere tutti e due gli occhi sull’indipendenza del Kosovo quale minoranza nazionale della Serbia. Il nazicomunista è contro l’immigrazione, salvo poi ad avere colf e vari servitori stranieri sottopagati a casa propria. È persino a favore dell’ambiente, ma è anche a favore delle centrali nucleari e dello sviluppo altamente inquinante della Cina, e a favore delle follie paleoindustriali di una volta, come quelle di Taranto, di Belgrado o Sirgut. Il nazicomunista è ovviamente, e sistematicamente, contro l’Unione Europea nata dalla lotta pacifica e istituzionale contro gli eccidi del comunismo e del nazismo assieme. Su questo, almeno, è coerente. Estratto da http://www.guerraucraina.it/index.php/rassegna-stampa/item/l-identikit-del-nazicomunista

08 dicembre 2014

[News] invito per il 23 dicembre alle 21 via Alfani 39rosso Firenze da CAFFELLATTE

Salve

Scrivo raramente come si vede. Ma comunque chiedo scusa per il disturbo.

Martedì 23 alle ore 21 facciamo un incontro di auguri parlando di Bosnia
Erzegovina e raccogliendo qualche euro per un progetto sociale.

L'indirizzo è CAFFELLATTE via Alfani 39rosso Firenze.

Qualche dettaglio nell'allegato.

per ora è tutto.

Grazie comunque per l'attenzione.

claudio gherardini

presidente Società per le Idee

21 novembre 2014

Ho intervistato Zlatko Dizdarevic

Zlatko Dizdarević direttore del giornale Oslobodjenje durante l’assedio di Sarajevo 1992-95 e diplomatico della Bosnia Erzegovina. Uno degli intellettuali più prestigiosi di Sarajevo.

Un popolo straordinario che ignoravo molto colpevolemente e me ne vergogno

Un popolo straordinario che ignoravo molto colpevolemente e me ne vergogno Foto grazie a orione20 e Luigi De Gennaro