28 luglio 2011

20 anni dopo. 12. Kosovo Kaos

20 anni dopo. 12. Kosovo Kaos
Ultime da Mitrovica. Scontri ieri sera nella città simbolo del conflitto
kosovaro tra Belgrado e Pristina. La battaglia delle tasse e blocchi
doganali è sfociata in qualche scontro nel quale si sono avuti vari
feriti e un morto. Gli scontri avvengono nei punti di confine tra Serbia
e Repubblica del Kosovo. Dato alle fiamme un check point della forza
internazionale kfor. Oggi andiamo da Pec/Peja a Mitrovica per cercare
notizie.

28 luglio 2011 - Pec/Peja. Repubblica del Kosovo. "Il sonno della
Ragione genera mostri". Non ricordo al momento chi ha scritto questa
frase ma rende l'idea della situazione nella quale si trova la Regione
del Kosovo oramai divenuta un microstato, poverissimo. Ma la frase va
ripetuta a rullo: "il mio sonno della Ragione genera mostri che ti
terrorizzano e così anche tu perdi la ragione e generi mostri che a loro
volta cercano di terrorizzarmi." Si tratterebbe di capire chi ha
iniziato a generare mostri. Tutti accusano tutti come al solito e certo
non solo nei Balcani.
Ma forse potremmo dire che chi ha il potere ha comunque la
responsabilità di aver generato il sonno della Ragione per primo.
Josip Broz Tito morì nel 1980 e si racconta che a un suo fedelissimo che
gli domandava cosa sarebbe successo dopo la sua scomparsa, egli abbia
risposto:" La Yugoslavia non esiste più". Sapeva bene con chi aveva a
che fare, aveva dato al Kosovo il rango di regione autonoma, aveva
riconosciuto i Bosniacchi musulmani come entità mentre prima quelli
dovevano dichiararsi o croati o serbi, cioè cattolici o ortodossi, e
aveva anche modificato la Costituzione della Federazione delle
Repubbliche Yugoslave in modo che fosse possibile passare da federazione
a confederazione, dando a ogni Repubblica un rango di Nazione.
Poi Tito ne aveva combinate di cose orrende, la meno conosciuta forse
era quellla di aver lasciato le aree rurali nella preistoria e cullato
la "borghesia" dei "compagni cittadini". Questo sarebbe stato utile a
Milosevic e Karadzic e anche ai nazionalisti croati di Erzegovina per
far abbattere senza difficoltà gran parte del mirabile patrimonio
monumentale, storico, dei Balcani a partire dalla Biblioteca di
Sarajevo, Ponte di Mostar e qua in Kosovo i Monasteri mozzafiato,
scrigno dei Serbi.
Qui nel paese dei merli (Kosovo, significa merlo) vivevano e si
moltiplicano in pace gli albanesi. Il loro leader Ibrahim Rugova era
chiamato il Ghandi dei Balcani. Fino al 1998 esistevano campi di pace ai
quali partecipavano anche noti pacifisti italiani, allo scopo di cercare
una soluzione al vicolo ceco verso il quale sembrava che ci si stesse
dirigendo. A un certo punto ai pacifisti fu spiegato che il tempo della
pace era finito e che gli Albanesi dovevano combattere per difendersi
dall'oppressore Serbo.
Un Albanese ci ha raccontato che già dal 1981 iniziarono le proteste
studentesche per la politica che Belgrado stava imponendo contro la
maggioranza albanese in Kosovo. Un anno dopo la morte di Tito si
avveravano già le previsioni dei più esperti che temevano la
dissoluzione della Federazione. Alberto Ronchei sul Corriere della Sera
che annunciava la morte del Maresciallo già metteva in guardia da quello
che sarebbe potuto succedere. Si pensava che il punto più a rischio
fosse proprio il Kosovo ma non si prevedè che la guerra sarebbe iniziata
in Slovenia e Croazia, poi in Bosnia. Milosevic si era lasciato il
Kosovo per ultimo pensando che sarebbe stato facile cacciare gli
Albanesi dopo aver creato la Grande Serbia e diviso la Bosnia con il
croato Tudjman.
Per i Serbi non nazionalisti Slobodan Milosevic (che definivano "il
maiale") è stato l'artefice primo della dissoluzione della Federazione
Yugoslavia.
I Serbi del Kosovo ovviamente vedevano le cose all'opposto. "Gli
albanesi hanno colonizzato la nostra Patria prolificando volutamente".
"Kosovo è Serbia". Poi Arkan e i vari massacratori decisero che dove si
trovasse in Serbo, quella era Serbia.
Nel frattempo si formavano le milizie UCK. In questa terra di traffici
si poteva trovare di tutto.
Nel dicembre del 1998 ricordo di aver visto miliziani ubriachi
aggrappati alle autoblindo nere di ritorno dalle scorribande nei
villaggi albanesi. Erano macerie, come a Zatric, dove mi recai per
capire come aiutare gli albanesi ormai senza un tetto.
Al mercato di Pristina i gendarmi serbi avevano le baionette per
cacciare gli abusivi in cerca di vendere le loro poche cose. Non
immaginavo che di lì a poco sarebbe scattato l'esodo degli Albanesi in
fuga verso la Macedonia e da lì sarebbe partito il bombardamento della
NATO sulla Serbia e su alcune aree del Kosovo.
Nel 1999 per la prima volta dal 1991 la guerra apparve anche in Serbia,
a Belgrado. Fino a quel momento nella Repubblica di Serbia non si era
sparato un colpo.
Dopo la liberazione di Sarajevo la Nato e gli USA pensarono che si
poteva risolvere anche il problema Kosovo con le famose bombe
intelligenti, mentre sarebbe stato unicamente un intervento a terra in
Kosovo a essere motivato, giustificato e chiarificatore. I Serbi ultras
stavano cacciando e uccidendo gli Albanesi in Kosovo. Fosse comuni e
distruzione. Bombardare Belgrado era una follia. Eppure fu così. Invece
di paracadutisti per salvare la gente in fuga e riportarla a casa, bombe
sulle fabbriche. Dalla Ragione al Torto, appunto.
Poi è stato deciso di creare la Repubblica del Kosovo, illegale secondo
l'ONU, una specie di esperimento da apprendista stregone che non
sappiamo dove ci porterà. La povera gente, sia serba che albanese,
sopravvive. Gli estremisti sparano in aria la notte per far sentire che
ci sono. Pec/Peja è divisa tra miseria estrema, un aspetto da periferia
di una megalopoli africana e auto estreme, supercar da centinaia di
migliaia di euro, con targhe norvegesi, svedesi, tedesche, austriache,
olandesi, lussemburghesi e qualcuna della Federazione Russa. Viene da
pensare che gli USA abbiano voluto il Kosovo come Stato satellite amico
da contrapporre al vicino Montenegro ormai passato in mano a imprese e
miliardari russi.

Un interessante combinazione balcanica, non credete?

claudio gherardini
fotodi marco quinti

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