Tuzla (Bosna i Hercegovina) 11 luglio 2016
Un impressionante coro di ragazzine vestite di bianco e di donne vestire di nero ha cantato la disperazione nel tremendo scenario dello sterminato cimitero memoriale di Potocari, a Srebrenica. Sotto un sole spietato una enorme folla ha partecipato alla cerimonia per i ventuno anni dal Genocidio di Srebrenica ma soprattutto alla inumazione dei 127 piccoli sarcofaghi di tela verde contenenti i resti di altrettante vittime del massacro volto a eliminare dalla zona la maggioranza di fede islamica. Una commissione specializzata, che non ha pari nel mondo in quanto a ricerca del DNA, ogni anno scava, nei territori della parte serba della Bosnia Erzegovina, alla ricerca dei resti, anche solo un resto biologico, una piccola parte del corpo, di coloro che ancora mancano all'appello che sono circa mille. Una volta erano diverse centinaia ogni anno ma a ventuno anni dalla morte e dai molteplici spostamenti, eseguiti con le ruspe di Ratko Mladic, da una fossa comune a una più distante, allo scopo di rendere impossibile il ritrovamento, sono sempre meno i ritrovati.
Nei programmi di Mladic non si doveva proprio ritrovarli ma non sapeva che di li a poco sarebbe arrivata la tecnologia per il riconoscimento del DNA e sarebbe rimasto fregato.
Polemiche a non finire anche quest'anno tra la parte islamica della Bosnia e la parte serbo bosniaca e naturalmente il governo della Serbia. Belgrado nega la definizione di genocidio ma anche nella capitale della Serbia c'è un piccolo partito che comincia a chiedere di ammettere che quello che accadde non può essere considerato alla stregua di atto di guerra "comune".
Lo scorso anno, assieme a presidenti come Clinton e il turco Davutoğlu,si era recato in visita anche il premier serbo Alexander Vucic, che durante la guerra stava con i peggiori e minacciava di uccidere cento musulmani per ogni serbo ucciso.
Vucic fu accolto bene salvo poi rimanere vittima di un lancio di oggetti che creò un caso che comunque lui stesso minimizzò subito affermando che potevano essere stati anche i suoi a prenderlo a sassate. Vucic sta portando la Repubblica di Serbia verso l'Unione Europea e questo non piace a tanti serbi e pochissimo a Vladimir Putin che appoggia invece il mini capo serbo bosniaco Milorad Dodik che sogna il suo piccolo Stato fondato proprio per iniziare la guerra contro islamici e cattolici in Bosnia Erzegovina, nel 1992, da Radovan Karadzic e il suo partito SDS.
Nello scorso anno centoventisette persone sono state chiamate per annunciare che qualcosa del loro parente, figlio, fratello, moglie o marito o cugino, era stato ritrovato chissà dove o anche diviso in più luoghi e che oggi sarebbe stato tumulato a Srebrenica. Pensate.... Strappati alle famiglie, ragazzini e vecchi, furono caricati su mezzi e portati alla fucilazione e poi gettati nelle fosse già pronte. 8372 persone di sesso maschile.
Questo definisce i fatti come GENOCIDIO e non come un evento bellico "normale". Su questo infuria la polemica e lo scontro Russia - USA laddove Putin pose il veto all'ONU e fu impossibile che la dichiarazione GENOCIDIO divenisse universale.
Mogli, figli, fratelli, non hanno saputo più niente di loro e hanno atteso ventuno anni per avere dei resti da seppellire e pregare.
Da quest'anno il governo bosniaco ha deciso di non diramare più inviti a personalità per questo giorno. Ognuno potrà venire se vorrà. Questo anche per cessare altre polemiche su chi invitare.
Una diretta TV per l'intera giornata e nelle case bosniache risuonano i nomi delle vittime che saranno tumulate oggi e finalmente finiranno il loro lungo viaggio nell'orrore e riposeranno in pace omaggiati da decine di migliaia di loro compatrioti.
Domani avverrà altrettanto da parte serbo bosniaca in una località non lontana e finché la pacificazione, tramite assunzione di responsabilità di ognuna delle parti non avverrà, l'11 luglio sarà giorni di divisione e non pacificazione.
Certo che i satelliti di tutte le potenze avranno certamente visto bene, l'11 luglio 1995, cosa stesse accadendo a Srebrenica, le fosse pronte poco lontano, il corteo di mezzi e la folla di disperati che fino a poco prima pensavano di essere al sicuro con i caschi blu olandesi.
Si è lasciato che avvenisse, la guerra doveva finire, come infatti accadde tre mesi dopo, e perché finisse si doveva concedere a Radovan Karadzic e al suo capo Slobodan Milosevic quella fetta di territorio popolato da islamici che disturbava la Republika Srpska proprio al confine con la madre patria Serbia. Forse nessuno chiese a Milosevic come sarebbe avvenuta la deportazione e forse i geniali governi occidentali non immaginavano che potesse avvenire anche per sterminio.
Fu lasciato che accadesse, come in Ruanda, qualcuno si ricorda del Ruanda, forse, e oggi in Siria, in Iraq, Libia e Nigeria...
D'altronde se lasciamo che migliaia di persone affoghino con i loro bambini e che chi sopravvive venga segregato in capannoni fatiscenti o anche lasciato per strada, come possiamo pensare che ci interessasse quello che accadeva a Srebrenica ventuno anni fa in queste ore.
Noi che non sappiamo ancora dove si trova la Bosnia Erzegovina.... che fra l'altro ha come attività in crescita il turismo per le sue bellezze naturali...
Così bella la Bosnia, terra di sangue e di miele...
Claudio Gherardini
Qui il video del reportage di un anno fa: https://youtu.be/Dj01m3x4Y0U
Foto di un anno fa quando furono 136 i resti tumulati. Foto di Vedran Jusufbegovic che mi coglie impietrito, solo, davanti alle 136 piccole bare.
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