“Sono nata e cresciuta nella città di Srebrenica, un comune di 8/9.000 persone nell’est della Bosnia-Herzegovina, al confine con la Serbia. In giovane età sono entrata a far parte del partito KPJ ( Komunisticka partija Jugoslavije – Partito Comunista Jugoslavo), nel quale militerò sino agli inizi degli anni novanta. Ho passato gli anni universitari a Pristina – Kosovo, dove mi sono laureata in Fisica ed ho potuto conoscere e toccare la situazione Kosovara. Il 16 aprile 1992 ho dovuto lasciare Srebrenica insieme ai miei tre figli, mentre la guerra civile si stava avvicinando a colpi di ultimatum dall’auto proclamata Republika Srpska, supportata dalla Serbia e dall’esercito Jugoslavo – JNA. Durante la guerra civile ci siamo stabiliti per 7/8 mesi in una piccola città nel centro della Bosnia, Tesjanka, tra Doboj e Tesanj, ospitati dalla famiglia di mio marito. Come la guerra si faceva sempre più violenta e brutale, ho deciso di partire per la Croazia insieme ai miei tre figli. Abbiamo attraversato la dogana croata come clandestini, essendo che a quel tempo era chiusa… In Croazia abbiamo passato un anno, inizialmente ospitati da amici di famiglia in una piccola località Balneare. Podgora. Successivamente siamo entrati in un campo profughi, dove siamo rimasti per alcuni mesi. In Croazia c’era una forte discriminazione contro i bosniaci musulmani e nessuna possibilità di trovare impiego, sicché grazie all’aiuto di amici croati siamo riusciti ad ottenere i documenti necessari per arrivare in Italia. Il 9 agosto 1993. siamo arrivati con il traghetto da Spalato nella città di Ancona. Quel giorno c’erano una serie di comuni della Bresciana che ospitavano i profughi di guerra dalla Bosnia. Quello che nella nostra immaginazione era un soggiorno che sarebbe dovuto durare qualche mese, è diventato una questione di anni fino ai giorni nostri. L’11 luglio 1995, nel genocidio di Srebrenica ho perso mio marito, che non è ancora stato ritrovato, e il mio unico fratello, nonché un gran numero tra parenti ed amici.”
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