17 luglio 2011

20 anni dopo. 2.



20 anni dopo. 2.
Bihac, Repubblica di Bosnia e Erzegovina, Federazione di Bosnia
Erzegovina, Cantone Una Sana. 17 luglio 2011.

Già dalla descrizione del luogo si capisce che siamo in una situazione
complicata. Ieri da Trieste a Bihac abbiamo impiegato molte ore, la
costa croata, la Dalmazia, sono prese d'assalto dai turisti da nord e
est europa. Poi si passa dalle auto cariche di bagagli da mare
all'entroterra della croazia e ai laghi di Plitvice, qui 20 anni fa
scoppiarono i primi scontri tra la polizia territoriale croata e la
minoranza serba di Croazia, aree denominate Kraijne (terre di confine)
e aree adiacenti, gonfie di storia, cioè di guerre, piene di resti di
bellissime fortezze prima medioevali, poi islamizzate dall'invasione
ottomana che sarebbe arrivata quasi a Vienna se non ci fosse stata la
resistenza dei serbi e dei croati. Per questo i serbi erano così
lontani dalla Serbia e dalla Methodja-Kosovo, erano stati spinti dai
turchi.
A venti anni dall'inizio e quindici dalla fine della guerra, restano
ancora tanti segni anche accanto ai turistici laghi di Plitvice.
Rovine di abitazioni probabilmente appartenenti a famiglie serbe
fuggite o a famiglie disperse per il mondo senza denaro per
ricostruire.
Una zona bellissima piena di distese di felci lussureggianti che ci
porta a passare il confine e lasciare la Croazia per la Bosnia
Erzegovina.
A Bihac la guerra iniziò nel giugno del 1991, visto che questa area
era omogenea alle Kraijne croate. Allora i confini erano
amministrativi e la guerra li spazzò via. Nell'agosto del 1991 gli
scontri bloccarono colonne di turisti per qualche giorno, poi furono
fatti uscire e si scatenò il regolamento di conti tra ultras
sanguinari che coinvolse tutti.
Una e Sana sono i nomi di due fiumi bellissimi paradiso di rafting e
canooing e oggi i turisti stanno lentamente tornando e riscoprono la
bellezza di questa regione piena di natura largamente incontaminata e
di memoria storica. Grazie a tanti bosniaci e tanti venuti da fuori ma
appassionati di Bosnia, stanno riprendendo le iniziative per
valorizzare il turismo di qualità, responsabile, culturale e i
prodotti locali, dall'artigianato ai cibi.
Certi aspetti dell'accoglienza sono sbalorditivi per noi italiani così
complicati. Qui si diventa subito ospiti graditi e si ingrassa di cibi
prelibati, persino i telefonini si collegano automaticamente a
internet passeggiando per strada in centro, gratis naturalmente e con
il benvenuto del Sindaco e del Comune.
Eppure qualche giorno fa tanti bosniaci di Bihac si sono fatti ore e
ore di bus per poi farsi ore e ore a piedi a ritroso il percorso delle
donne e bambini in fuga da Srebrenica l'11 luglio 1995. Ogni anno si
muove il popolo bosniaco per ricordare la vergogna e la tragedia
compiuta 16 anni fa in piena Europa davanti agli occhi dei soldati
ONU, per mano dei macellari tanto simpatici a Kusturica e ai tanti
revisionisti anche italiani che spesso sono così attrezzati da far
pensare a qualche finanziamento occulto da chissà chi.
Paola Lucchesi vive in modo permanente a Bihac da 7 anni. Triestina,
ha sempre avuto un pezzo di sè nei Balcani, non come a sud di Padova,
dove ancora oggi non si sa dove sia l'Istria, figurarsi Bihac.
Paola lavora per conto proprio cercando fondi per valorizzare il
patrimonio naturale, agricolo e storico di questa zona. Lamponi,
fortezze medioevali, musica popolare, qualsiasi cosa che abbia radici
da queste parti la vede impegnata a preparare progetti e cercare
sponsor. Sogna comitive di giovani italiani alla ricerca della
bellezza e della storia balcanica. In Italia l'adriatico è sempre
stato un muro invalicabile a comprendere quanta storia producono i
Balcani.
A Bihac la antica cattedrale cattolica dedicata a Sant'Antonio da
Padova, fu trasformata in una moschea dai Turchi che semplicemente
modificarono il campanile in un minareto, la foto è chiara. Di recente
le moschee sono invece state abbattute con il tritolo e con le
granate, prima da Milosevic, Karadzic e Mladic e poi dagli ultras
croati, salvo poi che questi ultimi dovettero riunirsi ai "musulmani",
altrimenti sarebbero ancora a combattere. Bihac è stata assediata
dalle forze di Karadzic e Mladic per tre anni, la famosa "sacca di
Bihac", che è proprio una conca enorme alla quale si accede da strette
gole, un assedio facile, dagli altipiani circostanti.
Domani andiamo a Tomislavgrad - Duvno, a suo tempo nel cuore della
croaticità ultras erzegovese.
claudio gherardini - foto di marco quinti

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