28 luglio 2011

20 anni dopo. 13 Kosovo Kaos 2

20 anni dopo. 13 Kosovo Kaos 2

video: http://youtu.be/_xlUa6Q2Zew

Come volevasi dimostrare il Kosovo o Kosmet (unisce i termini albanese e
serbo) è un groviglio inestricabile di enclavi. I meravigliosi monasteri
e patriarcati serbi sono presidiati da posti di blocco della forza
internazionale KFOR, le enclavi serbe nella Repubblica del Kosovo sono
isolate anche se poi alla fine per sopravvivere i serbi escono e vanno
nelle città a maggioranza albanese. Le enclavi albanesi nel Kosovo del
nord sono circondate dai serbi. Ma gli scontri di questi giorni sono
molto probabilmente organizzati da ultras serbi venuti da fuori. Giovani
esrtremisti che si chiamano e organizzano velocemente. Come sempre per
fare conflitti servono violenti venuti da fuori.

A Mitrovica la situazione è tesa ma tranquilla, gli scontri sono
avvenuti ai posti di frontiera tra Kosovo e Serbia. Qualcuno nel governo
di Pristina aveva deciso di bloccare le frontiere senza avvertire Eulex,
senza trattative e questo ha provocato un morto e qualche ferito. Visto
che il morto è un poliziotto albanese ora si attende la rappresaglia.
Tutte le attività nella zona del confine 31 sono sospese. Quelle
umanitarie dell'ONU Unmik per esempio.

Come la Serbia possa rinunciare a esportare in Kosovo e come questo
possa fare a meno delle forniture dalla Serbia è ovviamente un mistero
che svela come si tratti di una farsa, un gioco delle parti demagogico
classico.

Abbiamo lasciato la carovana di pacifisti della Tavola della Pace e dei
Diritti di TRieste e dintorni e ci apprestiamo a tornare in
Italia........ per restarci poco speriamo......

Nelle foto allegate i poster inneggianti ai leader serbi e russi dalla
parte serba di Mitrovica, l'ultimo muro di Berlino. In Kosovo gli
Albanesi espongono la loro bandiera spesso accoppiata a quella americana
a stelle e strisce.

claudio gherardini
foto di marco quinti

EaST Journal

http://eastjournal.net/2011/07/28/kosovo-nuovi-incidenti-al-confine-situazione-critica/


Claudio Gherardini - Inviato da iPhone

20 anni dopo. 12. Kosovo Kaos

20 anni dopo. 12. Kosovo Kaos
Ultime da Mitrovica. Scontri ieri sera nella città simbolo del conflitto
kosovaro tra Belgrado e Pristina. La battaglia delle tasse e blocchi
doganali è sfociata in qualche scontro nel quale si sono avuti vari
feriti e un morto. Gli scontri avvengono nei punti di confine tra Serbia
e Repubblica del Kosovo. Dato alle fiamme un check point della forza
internazionale kfor. Oggi andiamo da Pec/Peja a Mitrovica per cercare
notizie.

28 luglio 2011 - Pec/Peja. Repubblica del Kosovo. "Il sonno della
Ragione genera mostri". Non ricordo al momento chi ha scritto questa
frase ma rende l'idea della situazione nella quale si trova la Regione
del Kosovo oramai divenuta un microstato, poverissimo. Ma la frase va
ripetuta a rullo: "il mio sonno della Ragione genera mostri che ti
terrorizzano e così anche tu perdi la ragione e generi mostri che a loro
volta cercano di terrorizzarmi." Si tratterebbe di capire chi ha
iniziato a generare mostri. Tutti accusano tutti come al solito e certo
non solo nei Balcani.
Ma forse potremmo dire che chi ha il potere ha comunque la
responsabilità di aver generato il sonno della Ragione per primo.
Josip Broz Tito morì nel 1980 e si racconta che a un suo fedelissimo che
gli domandava cosa sarebbe successo dopo la sua scomparsa, egli abbia
risposto:" La Yugoslavia non esiste più". Sapeva bene con chi aveva a
che fare, aveva dato al Kosovo il rango di regione autonoma, aveva
riconosciuto i Bosniacchi musulmani come entità mentre prima quelli
dovevano dichiararsi o croati o serbi, cioè cattolici o ortodossi, e
aveva anche modificato la Costituzione della Federazione delle
Repubbliche Yugoslave in modo che fosse possibile passare da federazione
a confederazione, dando a ogni Repubblica un rango di Nazione.
Poi Tito ne aveva combinate di cose orrende, la meno conosciuta forse
era quellla di aver lasciato le aree rurali nella preistoria e cullato
la "borghesia" dei "compagni cittadini". Questo sarebbe stato utile a
Milosevic e Karadzic e anche ai nazionalisti croati di Erzegovina per
far abbattere senza difficoltà gran parte del mirabile patrimonio
monumentale, storico, dei Balcani a partire dalla Biblioteca di
Sarajevo, Ponte di Mostar e qua in Kosovo i Monasteri mozzafiato,
scrigno dei Serbi.
Qui nel paese dei merli (Kosovo, significa merlo) vivevano e si
moltiplicano in pace gli albanesi. Il loro leader Ibrahim Rugova era
chiamato il Ghandi dei Balcani. Fino al 1998 esistevano campi di pace ai
quali partecipavano anche noti pacifisti italiani, allo scopo di cercare
una soluzione al vicolo ceco verso il quale sembrava che ci si stesse
dirigendo. A un certo punto ai pacifisti fu spiegato che il tempo della
pace era finito e che gli Albanesi dovevano combattere per difendersi
dall'oppressore Serbo.
Un Albanese ci ha raccontato che già dal 1981 iniziarono le proteste
studentesche per la politica che Belgrado stava imponendo contro la
maggioranza albanese in Kosovo. Un anno dopo la morte di Tito si
avveravano già le previsioni dei più esperti che temevano la
dissoluzione della Federazione. Alberto Ronchei sul Corriere della Sera
che annunciava la morte del Maresciallo già metteva in guardia da quello
che sarebbe potuto succedere. Si pensava che il punto più a rischio
fosse proprio il Kosovo ma non si prevedè che la guerra sarebbe iniziata
in Slovenia e Croazia, poi in Bosnia. Milosevic si era lasciato il
Kosovo per ultimo pensando che sarebbe stato facile cacciare gli
Albanesi dopo aver creato la Grande Serbia e diviso la Bosnia con il
croato Tudjman.
Per i Serbi non nazionalisti Slobodan Milosevic (che definivano "il
maiale") è stato l'artefice primo della dissoluzione della Federazione
Yugoslavia.
I Serbi del Kosovo ovviamente vedevano le cose all'opposto. "Gli
albanesi hanno colonizzato la nostra Patria prolificando volutamente".
"Kosovo è Serbia". Poi Arkan e i vari massacratori decisero che dove si
trovasse in Serbo, quella era Serbia.
Nel frattempo si formavano le milizie UCK. In questa terra di traffici
si poteva trovare di tutto.
Nel dicembre del 1998 ricordo di aver visto miliziani ubriachi
aggrappati alle autoblindo nere di ritorno dalle scorribande nei
villaggi albanesi. Erano macerie, come a Zatric, dove mi recai per
capire come aiutare gli albanesi ormai senza un tetto.
Al mercato di Pristina i gendarmi serbi avevano le baionette per
cacciare gli abusivi in cerca di vendere le loro poche cose. Non
immaginavo che di lì a poco sarebbe scattato l'esodo degli Albanesi in
fuga verso la Macedonia e da lì sarebbe partito il bombardamento della
NATO sulla Serbia e su alcune aree del Kosovo.
Nel 1999 per la prima volta dal 1991 la guerra apparve anche in Serbia,
a Belgrado. Fino a quel momento nella Repubblica di Serbia non si era
sparato un colpo.
Dopo la liberazione di Sarajevo la Nato e gli USA pensarono che si
poteva risolvere anche il problema Kosovo con le famose bombe
intelligenti, mentre sarebbe stato unicamente un intervento a terra in
Kosovo a essere motivato, giustificato e chiarificatore. I Serbi ultras
stavano cacciando e uccidendo gli Albanesi in Kosovo. Fosse comuni e
distruzione. Bombardare Belgrado era una follia. Eppure fu così. Invece
di paracadutisti per salvare la gente in fuga e riportarla a casa, bombe
sulle fabbriche. Dalla Ragione al Torto, appunto.
Poi è stato deciso di creare la Repubblica del Kosovo, illegale secondo
l'ONU, una specie di esperimento da apprendista stregone che non
sappiamo dove ci porterà. La povera gente, sia serba che albanese,
sopravvive. Gli estremisti sparano in aria la notte per far sentire che
ci sono. Pec/Peja è divisa tra miseria estrema, un aspetto da periferia
di una megalopoli africana e auto estreme, supercar da centinaia di
migliaia di euro, con targhe norvegesi, svedesi, tedesche, austriache,
olandesi, lussemburghesi e qualcuna della Federazione Russa. Viene da
pensare che gli USA abbiano voluto il Kosovo come Stato satellite amico
da contrapporre al vicino Montenegro ormai passato in mano a imprese e
miliardari russi.

Un interessante combinazione balcanica, non credete?

claudio gherardini
fotodi marco quinti

27 luglio 2011

20 anni dopo. 11. Pec/Peja Kosovo

Con un tempismo perfetto le notizie dal Kosovo appaiono ancora sulla
stampa internazionale. La mia spiegazione rozza, come sempre, è che la
famosa diplomazia internazionale ha combinato da queste parti un guaio
forse anche peggiore di quello combinato in Bosnia Erzegovina.

Ne riparliamo, comunque non ci sono preoccupazioni. A Mitrovica c'è
stata una scaramuccia tra gente Serba e polizia Kosovara Albanese perchè
un capo di questa polizia ha deciso di provocare, ed è stato dimesso,
sembra.

Da tempo è in atto una guerra commerciale tra Belgrado e Pristina. Ora
si vorrebbero bloccare i passi di frontiera commerciali.

Ci andiamo domani a Mitrovica.

Ecco qualche foto!

claudio gherardini
foto di Marco Quinti

26 luglio 2011

20 anni dopo. 10. verso il Kosovo

20 anni dopo. 10. Verso il Kosovo

L'importanza delle vie di comunicazione mi era chiara da tempo ma
percorrendo per 7 ore le strade della Serbia e poi del Montenegro per
andare da Srebrenica a Podogorica posso riconfermare che non vi può
essere sviluppo economico e conoscenza tra le genti se per fare centro
chilometri ci vogliono quasi tre ore e per coloro che possono
permettersi una auto magari decente. Per gli esperti è un fatto scontato
ma tornarci ogni tanto non fa male, le vecchie statali sono un ostacolo
in fin dei conti anche alla pace. Chi vive isolato ha paura e non ha
possibilità di confrontarsi con altri.
Comunque la Serbia e il Montenegro, come la Bosnia, sono bellissimi. Da
mozzare il fiato. Altipiani, tavolati sospesi su gole profondissime,
valli lussureggianti. Effettivamente belissimi. Le coste del Montenegro
se le sanno comprando i Russi, pertanto consiglio di visitarle quanto
prima.
Siamo venuti a Podgorica per incrociarci e unirci a 48 italiani che
stanno facendo un giro balcanico con il Tavolo della Pace di Trieste.
Tra loro anche Sabina Nuhefendic, sorella di Azra, entrambe di Sarajevo,
ormai triestine d'adozione. Azra ha appena scritto un libro molto
incisivo e chiaro "Le stelle che stanno giù", che consiglio caldamente
di leggere.
Con questa carovana andremo a Pec/Peja, in Kosovo dove sembra saremo
ospitati da famiglie per tre notti e da lì faremo visite in altre aree,
andremo a Mitrovica, città divisa da un fiume, tanto per cambiare, dove
si confrontano Serbi e Albanesi kosovari.

Torno in Kosovo dopo 13 anni. Prima dei bombardamenti della Nato era già
in macerie. Lo sapevate??

Tutti i testi sono su piumatv.blogspot.it

claudio gherardini
foto marco quinti

24 luglio 2011

20 anni dopo. 9. Magdi Cristiano Allam venga a Srebrenica

20 anni dopo. 9. Magdi Cristiano Allam venga a Srebrenica.....

Seguendo dai Balcani i fatti di Norvegia viene la pelle d'oca. Non tanto
perchè uno psicopatico grave abbia messo in atto un massacro mostruoso.
Questo ci lascia disperati per quei ragazzi, per la Norvegia e per
l'Europa. Disperati. Dalla follia motivata da ipotetiche teorie di
sterminio non ci si difende.
Bisognerebbe invece saperci difendere dai teorici dell'impossibile,
oltre che dell'ingiusto e del delirio. Leggete il capoverso finale del
commento sui fatti di Oslo scritto sul "Giornale" berlusconiano dal noto
Magdi Cristiano Allam, il quale dopo aver scritto una serie di parole e
concetti a confronto dei quali la Binetti è una figlia dei fiori anni
70, conclude: "Al tempo stesso am­moniamo che il multiculturalismo è il
terreno di coltura di un'ideolo­gia razzista ­che fa proseliti tra
quan­ti hanno la sensazione di non risie­dere più a casa loro, che
presto si ri­durranno a essere minoranza e for­se a esserne allontanati.
Ecco per­ché multiculturalismo e razzismo sono di fatto due facce della
stessa medaglia. La mia conclusione? Se vogliamo sconfiggere questo
razzi­smo d­obbiamo porre fine al multi­culturalismo. ".
Pertanto invitiamo Cristiano Allam a venire a Srebrenica a spiegare ai
pochi coraggiosi Bosniacchi tornati alle loro case o a ciò che resta di
esse, che non devono tornare perchè purtroppo il multiculturalismo è
impossibile e crea terrorismo. Secondo Magdi Cristiano Allam, seguendo
il suo ragionamento, che consiglio di andare a leggere e collezionare
accanto al Mein Kampf, Radovan Karadzic e Ratko Mladic hanno solo
realizzato la pulizia culturale di alcune aree della Bosnia Erzegovina,
troppo promiscua evidentemente, da almeno sette secoli. Avendo prevalso
la forza del più potente, i Bosniacchi "musulmani", convissuti con
Ortodossi e Cattolici per molto tempo, andavano eliminati.
La follia di Allam ci porta a chiedergli: "Egregio signore, come ritiene
sia possibile porre fine al multiculturalismo"? Le risposte stanno nel
blog del pazzo di Oslo, nelle teorie della accademia di Belgrado sulla
genetica assassina, e in tanti altri scritti purtroppo.
Comunque se Allam avesse un progetto non cruento per impedire ai popoli
di mescolarsi pacificamente, lo proponga all'attenzione mondiale,
potrebbe valere un premio Nobel. Caro Cristiano, il multiculturalismo
non è una opzione ma un processo naturale, da sempre. Dove si è tentato
di ostacolarlo sono stati massacri epocali. Saperlo gestire bene è
invece la grande Utopia per la quale bisogna battersi. Monocultura vuol
dire ignoranza, ignoranza vuol dire paura, paura vuol dire violenza e
violenza vuol dire sangue umano versato.
Per fortuna qui a Srebrenica anche se l'aria è pesante e le macerie
incombono a 16 anni dalla fine della guerra, la vita riprende. A fronte
della ricostruita Moschea sta la Chiesa Serbo Ortodossa e si ascoltano
le campane e il muezzin, in orari diversi. C'è poco da stare allegri,
ancora, ma stanno costruendo un enorme albergo, ci sono un paio di
fabbriche e la bellezza mozzafiato di questa zona montuosa vergine fa
pensare che il turismo possa tornare. Ci sono già cartelli turistici e
anche affittacamere. Per chi ama la natura e la vita rurale antica, non
resta che venire subito a passare qualche giorno da queste parti. Ci
sono anche le terme e un lago non molto distante dove va avanti un campo
pacifista internazionale.
Noi siamo alloggiati nella "Casa della Fiducia" (Kuca Povjerenja) e
nelle foto potete vedere come è stata ricostruita nel centro di
Srebrenica. Una grande foresteria gestita da chi ha una sola Fede: la
multiculturalità e la tolleranza. Questa è la casa aperta per quanti
arrivano in pace per conoscere, capire e agire assieme ad altri.
Tornare alle proprie case quando queste si trovano ormai in una area
dove la maggioranza appartiene a coloro che erano vicini di casa e poi
"nemici", grazie alle teorie folli dei leader sanguinari, è complicato.
Senza un lavoro è quasi impossibile.
A cinque chilometri dal centro di Srebrenica, accanto alle fabbriche
abbandonate dove risiedeva anche il battaglione dei caschi blu olandesi,
la spianata agghiacciante dell'enorme cimitero dove sono sepolti i resti
delle vittime del genocidio del luglio del 1995. Non tutte, ci sono
ancora aree libere, perchè si continuano a trovare le fosse comuni,
anche traslocate, per confondere le idee, dove grazie a un meticoloso
lavoro scientifico si assegnano i resti, ai nomi degli scomparsi. Di
fronte all'entrata un chiosco gestito da due signore bosniache con i
materiali multimediali sull'eccidio. Nel parcheggio la polizia che
presidia il Memoriale.

Vicino, a Potocari, un cantiere di Emmaus dove volontari stanno
costruendo un centro culturale nel nome di Franco Bettoli, di Laterina,
Arezzo, militante della associazione, scomparso nel 2008. Un altro delle
migliaia di volontari che da 20 anni lavorano per la civile convivenza
nei Balcani.

Per i Serbi nazionalisti questa è ormai Serbia. Sul fiume Drina, confine
naturale tra Serbia e Bosnia, si progettano altre centrali
idroelettriche in partnership con Belgrado e con aziende italiane. Gli
accordi non passano dal governo centrale della Bosnia Erzegovina ma da
Banja Luka, "capitale" della Repubblica dei Serbi di Bosnia.
I motivi per i quali Srebrenica sia stata lasciata alla Republika Srpska
dagli accordi di Dayton, sono imperscrutabili. A Dayton per molti sono
state messe le basi per il prossimo conflitto balcanico. Per dare una
idea, il trattato di pace per la Bosnia è stato firmato da tre capi di
Stato, di cui due non bosniaci. Tudzman e Milosevic hanno firmato un
trattato per una guerra della quale si dichiaravano estranei fino a poco
tempo prima.
Comunque la speranza va avanti, quella della volontà, quella che viene
dalla gente semplice che sa che si torna a vivere e lavorare solo se si
collabora. I giovani lo sanno, qui, a Bihac, a Sarajevo, a Tomislavgrad.
Chi ha meno di venti anni vuole essere europeo.

Resta solo da fargli trovare l'Europa ancora in vita, quando vi
arriverà. Per questo si dovrà combattere la corruzione, le mafie e i
nazionalismi, da noi, in Unione Europea e si dovrà anche smascherare i
sabotatori cruenti, come il massacratore di Oslo e non cruenti come
tanti demagoghi deliranti.

Tra le foto anche quelle di un concerto rock nella piazza principale
flagellato dalla pioggia ma affollato. Il Rock suonato da signori di una
certa età che certamente hanno iniziato nel grande calderone musicale
che bolliva negli anni 80 nei Balcani. Ospite anche uno scrittore
bosniaco dal nome certamente non serbo che presentava il suo libro dal
titolo significativo di "Anima Inquieta". Usref Osmanovic
(http://youtu.be/r0kUcss8AVs)

claudio gherardini
foto di marco quinti

Srebrenica, 24 luglio 2011

dalla Bosnia

Spett.le Redazione esteri quotidiano Avvenire

Salve

A seguito di un vostro servizio relativo alla presunta avanzata delle
Forze del Male in Bosnia, allego alcune foto dalle quali si deduce come
la strada verso l'islamizzazione della Bosnia sia molto lunga. Comunque
se la includiamo presto in UE le cose andranno meglio per tutti. Anche
per i cattolici bosniaci il pericolo estinzione è improbabile. Certo che
se il clero cattolico bosniaco avesse chiesto protezione all'ONU invece
che agli ustascia sarebbe stato meglio fin dall'inizio. Se i sagrati
delle chiese in Erzegovina non avessero ospitato i vessilli ultra
nazionalisti croati, forse sarebbe stata data una visione meno violenta
della posizione vaticana in zona.

Comunque propongo modestamente di prendere una posizione un tantino meno
islamica in Palestina e un poco più islamica in Bosnia Erzegovina,
l'equilibrio non basta mai.

Distinti saluti

claudio gherardini

Srebrenica 24 luglio 2011

23 luglio 2011

20 anni dopo. 8. verso Srebrenica

20 anni dopo.7. Verso Srebrenica.

La farsa mostruosa che spesso sta dietro alle guerre e alla demagogia
che le generano, qua nei Balcani assume ovviamente significati
particolari. Le popolazioni bosniacche rurali tra Tuzla e Zvornik
inviavano i capi famiglia a lavorare in Serbia da sempre, poi il
generale Mladic e Radovan Karadzic hanno deciso di bombardarli per tre
anni circa e ora sono stati riammessi a lavorare di nuovo. Chi
costruisce i ponti nuovi a Belgrado? Le nuove autostrade slovene? I
Bosniacchi (musulmani e non) ovviamente. Un pendolare di 23 anni è
morto due giorni fa cadendo dal ponte in costruzione sulla Sava in
piena metropoli belgradese.

Non c'è niente di male a dare lavoro di nuovo ai bosniaci in Serbia,
la nausea viene da quanta retorica razzista e farsesca è stata spesa
per dare vita a un conflitto tra vicini di casa che non possono fare a
meno l'uno dell'altro. Forse Bossi pensa che suo figlio farà il
muratore nella loro Padania? Il muratore in Padania lo fa un immigrato
magari clandestino perchè costa meno.
Evidentemente un manovale bosniacco costa meno di uno serbo, anche a
Belgrado, se per il 90 per centro sono i bosniacchi a costruire i
ponti.
Ora andiamo a Srebrenica in auto ma ogni anno alla vigilia del giorno
11 luglio migliaia di bosniacchi partono a piedi da Tuzla, dalle
campagne, da Mostar per arrivare a Srebrenica, dormendo nei boschi con
le tende per ricordare le migliaia di morti massacrati da Mladic alla
faccia dei caschi blu olandesi. Pensare che lavorano nell'ombra
organizzazioni macabre che negano l'eccidio Peccato che da anni e per
anni si continua a scoprire fosse comuni piene esclusivamente di
poveri resti di bosniacchi musulmani. Prima li buttarono in una fossa
vicina e poi li riscavarono fuori per rigettarli in una fossa più
lontana nel tentativo patetico e orribile di despistare la verità.
Oltre 600 resti sono stati tumulati decentemente dieci giorni fa. Ma
non sono gli ultimi, ne mancano ancora tanti.
Nella foto le famose ragazze bosniache che secondo il quotidiano dei
vescovi vaticani sarebbero tutte in burka.............

claudio gherardini
foto marco quinti

22 luglio 2011

20 anni dopo, 7, Kalesija - Tuzla

20 anni dopo. 7. Kalesija - Tuzla
Kalesija era già sinonimo di area depressa negli anni '80. Tito non si
era preoccupato troppo dei contadini e delle aree montagnose. Tanti
erano pendolari manovali che lavoravano in Serbia, che da qui dista
un'ora in auto, oppure direttamente in Austria, Germania e altrove.
L'area tra Tuzla e Zvornik non è nemmeno davvero dedita alla
agricultura. Solo orti, galline e poco altro. Quando in Serbia non si
potè andare più fu la fame e poi arrivò il piombo. Da una altura a forma
di pandoro per tre anni le armi della armata popolare ormai scomparsa,
martellarono kalesija e zone adiacenti. Si conoscevano tutti e non era
difficile ammazzare da quel punto. Questa era la zona della prima linea
più vicina alla Serbia e dal maggio del 1992 divenne zona di massacri.
Persino i caschi blu furono costretti a sparare, fatto rarissimo in
quella guerra nella quale l'ONU è stata umiliata varie volte.
Da qua siamo passati per visitare diversi vecchi amici e domani andiamo
a Srebrenica, dove immaginiamo che la situazione sarà poco allegra.

claudio g , foto Marco Quinti

21 luglio 2011

20 anni dopo. 6. Da Sarajevo a Kalesija

21 luglio 2011. Sarajevo

Lasciamo una Sarajevo estiva e piena di vita, nel bene e nel male. La
folla che scorre continua, con molti turisti, che occupa le strade del
centro, genera ottimismo. Alla sera il pubblico affolla i concerti e gli
eventi dell'Estate Sarajevese, concerti rock e mostre d'arte per
esempio. Domani 22 luglio inizia il Sarajevo Film Festival
diciassettesima edizione. L'evento è di risonanza mondiale per la
qualità dei film prescelti e per il fatto che è nato praticamente
durante l'assedio di quasi tre anni nei quali la capitale della Bosnia
Erzegovina umiliata, a sua volta proponeva sfacciatamente
all'aggressore, a Mladic e Karadzic, anche sfilate di moda e concerti.
Le ragazze passeggiavano bellissime tra le macerie della guerra in corso
ed oggi sfilano in minigonne strepitose in mezzo alla folla e nei
parchi, alla faccia dei giornalisti vaticani che scrivono di una
Sarajevo in burka, le ragazze confermano la sfacciataggine della loro
Libertà, 19 anni fa contro l'assediante sanguinario, oggi contro i
fondamentalismi di ogni parte. Ascoltatevi "Miss Sarajevo" cantata da
Bono e Pavarotti, aiuta.....

Non mancano abiti e veli islamici, ogni tanto, come li incontriamo a
Firenze. Il pericolo diabolico paventato dal Pastore Tedesco, non sembra
visibile. Il pericolo vero sono i mafiosi e i corrotti esattamente come
nel resto d'Europa e il pericolo sono i politici assetati di consenso
che vedono solo quello che gli pare, senza capire, nè qui, nè a
Brussels, che senza unità e compattezza l'Europa e l'Unione Europea sono
destinate a soccombere, non all'Islam ma all'economia globale, ai
mafiosi italiani, russi e cinesi. Se i Balcani fossero entrati in Europa
assieme a Romania e Bulgaria potevamo stare molto meglio molto prima e,
tranquilli, pensare a accogliere anche la Turchia, grande civiltà in
grado di creare la giusta miscela multiculturale e sventare il
famigerato "scontro di civiltà" che in realtà sembra più una fissazione
di alcuni esaltati che si sono persino convertiti al cristianesimo da
quanto erano impauriti poverini.

Lo scontro è quello che vede l'egoista genuino che vorrebbe cacciare i
migranti alla ricerca della sopravvivenza che riescono a sbarcare sulle
coste nord. Per le decine di migliaia che giacciono sul fondo del canale
di Sicilia, lo scontro è finito, riposino in pace. Gli altri vengono da
noi e scoprono che siamo come siamo..................

Oggi si parte per Kalesija, luogo sfigato per antonomasia.

Claudio gherardini

foto di marco quinti

20 luglio 2011

20 anni dopo. 5. Sarajevo, tra McDonald e Hadzic

20 anni dopo. 5. Sarajevo, tra McDonald e Hadzic

Sarajevo. 20 luglio 2011.

Da oggi anche la Bosnia Erzegovina ha il suo primo ristorante
McDonald, sulla via principale, la Titova, in pieno centro. Stamani
alle 10, accolto da un nubifragio, ha stato ufficilamente aperto. Ci
sono voluti molti anni perchè nemmeno alla catena più famosa del mondo
è risultato facile aprire la propria attività in Bosnia Erzegovina,
dove regna il caos istituzionale, le leggi sono evanescenti e gli
amministratori corrotti in larga parte. Presto saranno 15 i ristoranti
Mac a aprire nella Federazione di Bosnia Erzegovina. Riguardo alla
altra entità, la Repubblica Srpska non si hanno notizie.

Ma ieri sera a poche decine di metri dal McDonald abbiamo assistito a
una scena angosciante, riportata qua anche da una foto qui accanto.
Sarajevo è ovviamente popolata anche di mendicanti e zingari in numero
ingente, ma questo ragazzino dall'età indefinibile, forse anoressico,
faceva impressione a tanti passanti che anche qui come altrove nel
mondo, passano accanto ai reietti senza nemmeno degnarli di uno
sguardo. Non voleva essere toccato e non voleva mangiare il cibo che
gli era stato lasciato e nemmeno bere, Le persone cercavano di
parlarci ma rispondeva solo di non volere niente e nessuno.
Evidentemente esiste un racket che sparge mendicanti bambini per la
città e magari passa a ritirarli a notte assieme al denaro raccolto.
Viene da pensare che il piccolo reagisca a questa condizione
lasciandosi morire di inedia. A tratti si accovacciava coprendosi la
testa rasata con il magrissimo braccio e chiudeva gli occhi. I suoi
aguzzini evidentemente non si preoccupano di "perdere" uno dei loro
schiavetti.

Intanto il governo serbo ha provveduto a catturare Goran Hadzic,
l'ultimo ricercato di rango tra i macellari del conflitto iniziato 20
anni fa. Hadzic iniziò la sua attività nel primo periodo della guerra,
quando ancora la Bosnia era fuori dal conflitto. Le accuse nei suoi
confronti sono pesantissime.

La notizia è molto positiva, per le vittime, i loro parenti, per la
giustizia e per l'avvicinamento della Serbia all'Unione Europea, per
molti una speranza e di certo una occasione per i tanti che ancora non
sanno abbastanza su quanto accaduto da queste parti a partire dalla
primavera di 20 anni fa. Infatti la guerra balcanica che ha dissolto
la Yugoslavia è iniziata in Croazia, uno degli Stati che la formavano,
nel 1991. Solo dopo 8 anni è stato sparato il primo colpo in
territorio della Repubblica di Serbia da parte della Nato. Sapevate
questo vero?

19 luglio 2011

20 anni dopo. 4. da Tomislavgrad a Sarajevo

20 anni dopo. 4. da Tomislavgrad a Sarajevo

Gli altipiani tra Bihac e il nord Erzegovina sono impressionanti anche
in estate senza la neve e il ghiaccio. Interi villaggi fantasma in
rovina testimoniano la guerra di 20 anni fa. Qua siamo nelle aree
confinanti tra Croazia e Bosnia, le Kraijne e questi villaggi erano
dei serbi arrivati fin qui 7 secoli fa spinti dai turchi. Oggi a
Tomislavgrad, che si chiamava Duvno prima della guerra e ribattezzata
dai croati in nome del primo Re Croato Tomislav, nato da queste parti
chissà quando, c'è anche la Moschea e si sente il canto di preghiera
islamico e questo ci fa piacere, dato che eravamo stati qua nel 1994
quando era una retrovia dell'esercito croato-bosniaco HVO che
combatteva i bosniacchi musulmani. Oggi al 90% qua sono croati e non
mancano le scritte con la U di ustascia, ma ci sono anche serbi e
bosniacchi e i più giovani non hanno più voglia di sentire parlare di
conflitti. Così abbiamo incontrato i ragazzi della associazione Dobri
Lijudi (brava gente) che stanno preparando una manifestazione sportiva
e musicale sulle spiagge di un bel lago poco distante. Arriveranno
nuotatori, rugbisti, atleti di pallanuoto, una band da Banja Luka e
tanti ragazzi che potranno dormire nelle tende prestate dall'esercito,
gratis e mangiare gratis per due giorni e anche bere gratis perchè il
bar più noto ha promesso di regalare le bevande. Così le nuove
generazioni stanno lavorando e vivendo per migliorare la qualità della
vita. Dobri Lijudi organizza anche la pulizia del cimitero serbo
ortodosso, delle strade cittadine e anche una scuola di rugby per
ragazzini, gratis.
Come l'araba fenice, la volontà risorge sempre e quando trova menti
aperte alla collaborazione, l'unione fa la forza, produce idee e fatti
sani e fertilizza il territorio. Gocce nel mare della Bosnia, ancora
nelle sabbie mobili di una politica annodata e impazzita.
L'Unione Europea si avvicina, ma qualche "esperto locale di
conflitti", ci confida che "l'Europa di questo passo farà la fine
della Yugoslavia". Andiamo a controllare le notizie italiane e ci
viene il dubbio terrificante che abbia ragione....... la dissoluzione
inizia quando non si rispettano le istituzioni e gli accordi comuni.
claudio gherardini
foto di marco quinti

18 luglio 2011

20 anni dopo. 3. Lasciamo Bihac

Bihac si trova a pochi chilometri dai laghi di Plitvice, basta
traversare il confine con la Croazia, confine che oggi i turisti
passano quasi senza accorgersi ma che venti anni fa ritardò di un anno
l'assalto a Bihac, cioè l'entrata della guerra in Bosnia. IN Croazia
tutto iniziò nel 1991 e in Bosnia un anno dopo. Era una federazione
dai confini amministrativi ma in quel caso funzionarono come confini
bellici perchè così faceva comodo. Spacchettare un conflitto e
spargerlo a macchia di leopardo conveniva anche solo per confondere le
idee all'Europa ignorante e spesso in mala fede.

Oggi nella area del cantone di Bihac (Una-Sana Kanton), a fronte di
amministrazioni locali e politici mediocri o peggio, la popolazione
cerca di ricostruire la propria esistenza e la propria cultura. I
turisti stanno tornando, quelli furbi, per primi, con poco denaro si
lanciano dalle cascate e sfrecciano sui canotti, grazie all'ingegno
dei bosniaci che sanno quanto sia bella la natura di questa zona.
Fortezze medievali, islamizzate, comunità locali ognuna con la propria
associazione per lo sviluppo, per la danza popolare, per la musica
popolare e agricoltori che stanno scoprendo lentamente che possono
organizzarsi per riscattarsi dalla miseria e difendersi dalle grandi
compagnie che stanno come avvoltoi sulle alture.

A Bihac non si curano di rifare gli intonaci, ancora dopo 16 anni
dalla fine del conflitto restano tanti segni della guerra e non solo
di quella degli anni 90, se ne vedono anche della guerra mondiale
finita nel 45.

Forse è meglio così. Visto che la guerra non si è mai conclusa
davvero, forse è meglio che gli intonaci restino sbriciolati fino a
che la Storia non avrà chiarito finalmente perchè in Europa si è
arrivati a una guerra per dividere una Federazione formata da
Repubbliche già largamente autonome.

Da oggi ci dirigiamo in aree a maggioranza croata.

claudio gherardini - foto di marco quinti

17 luglio 2011

20 anni dopo. 2.



20 anni dopo. 2.
Bihac, Repubblica di Bosnia e Erzegovina, Federazione di Bosnia
Erzegovina, Cantone Una Sana. 17 luglio 2011.

Già dalla descrizione del luogo si capisce che siamo in una situazione
complicata. Ieri da Trieste a Bihac abbiamo impiegato molte ore, la
costa croata, la Dalmazia, sono prese d'assalto dai turisti da nord e
est europa. Poi si passa dalle auto cariche di bagagli da mare
all'entroterra della croazia e ai laghi di Plitvice, qui 20 anni fa
scoppiarono i primi scontri tra la polizia territoriale croata e la
minoranza serba di Croazia, aree denominate Kraijne (terre di confine)
e aree adiacenti, gonfie di storia, cioè di guerre, piene di resti di
bellissime fortezze prima medioevali, poi islamizzate dall'invasione
ottomana che sarebbe arrivata quasi a Vienna se non ci fosse stata la
resistenza dei serbi e dei croati. Per questo i serbi erano così
lontani dalla Serbia e dalla Methodja-Kosovo, erano stati spinti dai
turchi.
A venti anni dall'inizio e quindici dalla fine della guerra, restano
ancora tanti segni anche accanto ai turistici laghi di Plitvice.
Rovine di abitazioni probabilmente appartenenti a famiglie serbe
fuggite o a famiglie disperse per il mondo senza denaro per
ricostruire.
Una zona bellissima piena di distese di felci lussureggianti che ci
porta a passare il confine e lasciare la Croazia per la Bosnia
Erzegovina.
A Bihac la guerra iniziò nel giugno del 1991, visto che questa area
era omogenea alle Kraijne croate. Allora i confini erano
amministrativi e la guerra li spazzò via. Nell'agosto del 1991 gli
scontri bloccarono colonne di turisti per qualche giorno, poi furono
fatti uscire e si scatenò il regolamento di conti tra ultras
sanguinari che coinvolse tutti.
Una e Sana sono i nomi di due fiumi bellissimi paradiso di rafting e
canooing e oggi i turisti stanno lentamente tornando e riscoprono la
bellezza di questa regione piena di natura largamente incontaminata e
di memoria storica. Grazie a tanti bosniaci e tanti venuti da fuori ma
appassionati di Bosnia, stanno riprendendo le iniziative per
valorizzare il turismo di qualità, responsabile, culturale e i
prodotti locali, dall'artigianato ai cibi.
Certi aspetti dell'accoglienza sono sbalorditivi per noi italiani così
complicati. Qui si diventa subito ospiti graditi e si ingrassa di cibi
prelibati, persino i telefonini si collegano automaticamente a
internet passeggiando per strada in centro, gratis naturalmente e con
il benvenuto del Sindaco e del Comune.
Eppure qualche giorno fa tanti bosniaci di Bihac si sono fatti ore e
ore di bus per poi farsi ore e ore a piedi a ritroso il percorso delle
donne e bambini in fuga da Srebrenica l'11 luglio 1995. Ogni anno si
muove il popolo bosniaco per ricordare la vergogna e la tragedia
compiuta 16 anni fa in piena Europa davanti agli occhi dei soldati
ONU, per mano dei macellari tanto simpatici a Kusturica e ai tanti
revisionisti anche italiani che spesso sono così attrezzati da far
pensare a qualche finanziamento occulto da chissà chi.
Paola Lucchesi vive in modo permanente a Bihac da 7 anni. Triestina,
ha sempre avuto un pezzo di sè nei Balcani, non come a sud di Padova,
dove ancora oggi non si sa dove sia l'Istria, figurarsi Bihac.
Paola lavora per conto proprio cercando fondi per valorizzare il
patrimonio naturale, agricolo e storico di questa zona. Lamponi,
fortezze medioevali, musica popolare, qualsiasi cosa che abbia radici
da queste parti la vede impegnata a preparare progetti e cercare
sponsor. Sogna comitive di giovani italiani alla ricerca della
bellezza e della storia balcanica. In Italia l'adriatico è sempre
stato un muro invalicabile a comprendere quanta storia producono i
Balcani.
A Bihac la antica cattedrale cattolica dedicata a Sant'Antonio da
Padova, fu trasformata in una moschea dai Turchi che semplicemente
modificarono il campanile in un minareto, la foto è chiara. Di recente
le moschee sono invece state abbattute con il tritolo e con le
granate, prima da Milosevic, Karadzic e Mladic e poi dagli ultras
croati, salvo poi che questi ultimi dovettero riunirsi ai "musulmani",
altrimenti sarebbero ancora a combattere. Bihac è stata assediata
dalle forze di Karadzic e Mladic per tre anni, la famosa "sacca di
Bihac", che è proprio una conca enorme alla quale si accede da strette
gole, un assedio facile, dagli altipiani circostanti.
Domani andiamo a Tomislavgrad - Duvno, a suo tempo nel cuore della
croaticità ultras erzegovese.
claudio gherardini - foto di marco quinti

16 luglio 2011

20 anni dopo. 1.

Trieste 15 luglio.

Dopo quasi due decenni di viaggi a cavallo dell'Adriatico, questa volta troviamo la "guerra" già a Trieste. Incontriamo cittadini bosniaci che vivono ormai in Italia da tanti anni, intellettuali e giornalisti che sono cresciuti e hanno lavorato nella Yugoslavia degli anni 80, spesso amici e colleghi di tanti altri yugoslavi che 20 anni fa presero una strada diversa, la tragica strada della violenza ceca. Oggi sono e siamo ancora costretti a battere la disinformazione e il revisionismo che vorrebbero fare un pastone indistinto tra aggressori (armati di carriarmati) e aggrediti ( armati di fucili, qualche volta). Il giorno 11 luglio è la data del massacro di Srebrenica. Può essere che da qualche parte nel mondo non si sappia niente in proposito ma a Cividale del Friuli si immagina che si sappia anche troppo bene l'accaduto. Invece la diaspora bosniaca è in movimento e protesta perchè qualche genio ha pensato bene di far suonare al Mittelfest di Cividale, il giorno 11 luglio 2011, l'orchestrina di Emir Nemanja Kusturica che nel suo repertorio inneggia all'eroe Karadzic, fra l'altro. Kusturica è un ottimo mestierante regista, bravissimo nel creare pastoni cinematografici nei quali si arriva sempre alla conclusione che nei Balcani sono tutti colpevoli e tutti innocenti, tutti sbronzi e tutti zingari, tutti cattivi, insomma. Proprio quello che da 20 anni vuole sentirsi dire l'occidente che così evita di prendere una volta per tutte le redini di una regione bellissima, popolata da gente bellissima, che è stata preda continua di tutte le forme di nazionalismo più feroci da secoli.

Far suonare Kusturica l'11 luglio al Mittelfest è stato un affronto che la giornalista e scrittrice bosniaca Azra Nuhefendic non ha potuto sopportare:

"Con indignazione e profondo sconforto abbiamo ricevuto la notizia che l’11 luglio, sul palcoscenico del Mittelfest, che si tiene a Cividale del Friuli, si sono esibiti Emir Nemanja Kusturica e la sua “No smoking Orkestra”. Proprio nella giornata nella quale si commemora il sedicesimo anniversario dal genocidio di Srebrenica dove, nel 1995, le forze militari dei serbi di Bosnia occuparono la città e uccisero oltre 8100 uomini e ragazzi, a Cividale si è esibito  Emir Kustruica, il quale da molti anni sfrutta i palcoscenici internazionali per negare il genocidio ed esaltare i criminali di guerra.

Con la canzone “Wanted man”, dedicata a Raša Dabić, la “No smoking Orkestra” glorifica Radovan Karadžić, l’ex presidente dei serbo bosniaci, oggi recluso nel Tribunale internazionale dell’Aja, dove deve rispondere di capi d’imputazione che vanno dal genocidio ai crimini contro l’umanità"

Ci sono ancora tanti fatti da chiarire e non ci sarà pace senza una storia condivisa che chissà quando mai si realizzerà, ma almeno quando ci sono delle certezze queste vanno difese.

Nessuno contesta un autore e regista, "ma un uomo senza morale", scrive Azra, paragonando il caso Kusturica a quello della regista hitleriana Leni Riefenstahl. Bravissima regista inaccettabile.

L'appello di Azra è raccolto da vari interlocutori importanti localmente, ma stenta a prendere corpo a livello nazionale. Noti esperti e giornalisti, scrittori che conoscono bene la situazione, sembra abbiano paura di inimicarsi qualcuno, spiegando che Kusturica è un poderoso intellettuale revisionista. La segreteria regionale del PD in un comunicato, chiede per Kusturica un comportamento simile a quello che al Festival di Cannes è stato tenuto verso il grande regista Lars Von Trier dichiaratosi improvvisamente filo nazista.

Ora i Balcani sono vicini a entrare in Unione Europea, se ancora esisterà, tra qualche anno e il realismo cinico vorrebbe che si mettesse una pietra sopra al passato. Sanno bene tutti i letterati e colleghi, ben più esperti e prestigiosi del sottoscritto, che le pietre sopra si mettono ai morti, che la pace proviene dalla giustizia. Non possiamo tollerare il revisionismo militante (pagato da chi poi?) di certe agenzie internet che lavorano per allontanare i nazionalisti serbi dall'Europa, ma ancor più non possiamo tollerare che registi alla moda spaccino apologia di genocidio a casa nostra approfittando della dabbenaggine e ignoranza di qualcuno e della differenza linguistica.

Vorreste che in Italia si accumunasse definitivamente i morti partigiani e quelli di Salò? Kusturica farebbe anche peggio, ci farebbe una canzone.
cg

14 luglio 2011

Fwd: il Piccolo 14 luglio 2011



Claudio Gherardini - Inviato da iPhone

Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Sabina" <sabina.nuh@alice.it>
Data: 14 luglio 2011 22:53:41 GMT+02:00
A: "claudio gherardini" <claudiogherardini@gmail.com>
Oggetto: Fw: il Piccolo 14 luglio 2011

 

protesta Contro la partecipazione di Emir Kusturica 11 luglio 2011 Mittefest-giorno di genocidio di Srebrenica

 

PROTESTA

Contro la partecipazione di Emir Kusturica e "No smoking orchestra" a MITTLEFEST nel giorno di commemorazione del genocidio di Srebrenica

ATTN:

Regione Autonoma del Friuli-Venezia Giulia

Comune di Cividale del Friuli

Provincia di Udine

Ente Regionale Teatrale del F.V.G.

Banca di Cividale S.p.A

Società Filologica Friulana

Con indignazione e profondo sconforto abbiamo ricevuto la notizia che l'11 luglio, sul palcoscenico del Mittelfest, che si tiene a Cividale del Friuli, si sono esibiti Emir Nemanja Kusturica e la sua "No smoking Orkestra".

Proprio nella giornata nella quale si commemora il sedicesimo anniversario dal genocidio di Srebrenica dove, nel 1995, le forze militari dei serbi di Bosnia occuparono la città e uccisero oltre 8100 uomini e ragazzi, a Cividale si è esibito  Emir Kustruica, il quale da molti anni sfrutta i palcoscenici internazionali per negare il genocidio ed esaltare i criminali di guerra.

Con la canzone "Wanted man", dedicata a Raša Dabić, la "No smoking Orkestra" glorifica Radovan Karadžić, l'ex presidente dei serbo bosniaci, oggi recluso nel Tribunale internazionale dell'Aja, dove deve rispondere di capi d'imputazione che vanno dal genocidio ai crimini contro l'umanità.

Nel Centro memoriale di Potočari,  l'11 luglio appena trascorso sono stati seppelliti i resti di 613 vittime del genocidio. Il più giovane, Nesib Muhić, aveva solo 16 anni al momento dell'uccisione. Fino a questo momento a Potočari sono state seppellite complessivamente 4254 vittime e sono tuttora in corso ricerche per trovarne altre 3200. Il Parlamento Europeo ha proclamato la data dell'11 luglio come giorno di commemorazione del genocidio di Srebrenica.

Emir Nemanja Kustruica è noto nella ex Jugoslavia per il suo impegno nazionalistico. L'anno scorso è stato costretto ad abbandonare un festival del cinema in Antalia, ove era stato invitato a far parte della giuria, per il fatto che durante e dopo la guerra nella Bosnia Erzegovina non si era mai dichiarato contrario alla pulizia etnica e alle uccisioni di massa della popolazione bosniaca.

Due anni fa, la presentazione di Emir Kusturica in un concerto a Monaco di Baviera è stata disdetta in base alla richiesta di un'organizzazione tedesca per i diritti umani, la "Società per i popoli minacciati", proprio per le posizioni di Emir Nemanja Kustrurica e l'impegno della "No smoking orkestra".

Invitare Emira Kusturica e la sua "No Smoking Orkestra" a esibirsi proprio nel giorno che il Parlamento Europeo ha proclamato come Giorno della memoria delle vittime del genocidio di Srebrenica, è un atto scandaloso, cinico e offensivo per tutte le vittime e per le loro famiglie, un atto che suscita l'indignazione di tutti coloro che combattono per la giustizia e per la pace nel mondo.

Sabina Nuhefendic-Trieste

07 luglio 2011

AMIATA FESTIVAL 2011_ Abbadia San Salvatore


AMIATA FESTIVAL 2011
Abbadia San Salvatore


LUGLIO 
Lunedì 25 Quartetto Metamorphosis 
Piazza del Mercato, ore 21.30 
Musiche di Piazzolla, tradizionale Kletzmer e balcanica.
 
http://www.youtube.com/watch?v=HD6wgS6X3OI

Venerdì 29 Michele Marini Naples Quartet
Piazza del Mercato, ore 21.30
Michele Marini Naples Quartet è un jazz quartet che ha l'ambizione di proporre al pubblico standards rivisitati in maniera molto creativa e stilisticamente impegnativa, ma anche brani originali composti dagli stessi musicisti, che si propongono allo stesso tempo amabili interpreti e compositori d'eccezione. 

Sabato 30 Alberto Bologni
Cripta dell'Abbazia del Santissimo Salvatore, ore 21.30
N.Paganini, 24 capricci op.1 per violino solo 
http://www.artesamiata.it/eventi/20110725amiatafestival/htm/bologni.htm


AGOSTO 
Martedì 9 Igor Stravinsky: Histoire du soldat - Ensemble BIOS, Matteo Belli*
Teatro Cinema Amiata, ore 21.30
Con la voce recitante di Matteo Belli, 

* Saggio della scuola di musica comunale, ingresso gratuito

In allegato potete trovare la presentazione dello spettacolo relativo all'Histoire du soldat e la presentazione dei Metamorphosis.
Oltre alle date segnalate, organizzate dalla Filarmonica Giacomo Puccini di Abbadia San Salvatore in collaborazione con Artes, a breve saranno note anche le date organizzate dalle altre Associazioni:, Orion e Nuova Arcadia, e verrano pubblicate su 



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La Scena Muta
lascenamuta@gmail.com

06 luglio 2011

Fwd: Fwd: Testimoni x gravissimo incidente

Tommaso, ha subito un gravissimo incidente in moto avvenutoa Firenze in piazza Edison nella notte tra Giovedì 30 giugno e venerdì 1 luglio 2011, indicativamente fra le 1 e le 2 di notte.


La dinamica dell'incidente non è per niente chiara, per cui è fondamentale rintracciare chiunque abbia assistito all'incidente o possa comunque dare qualche informazione utile ci risultano presenti tante persone. Pare sia coinvolta un'auto che venendo da sinistra ha impattato con la moto.

Tommaso ed il suo amico, che conduceva la moto, al momento in cui scriviamo sono ancora gravissimi e ricoverati in rianimazione.

Per favore girate questo messaggio a tutti i vostri contatti, questi sono i recapiti di riferimento:

telefono 3284468538

email incidenteditommy@babieleo.it

Per chi non può fornire informazioni, una preghiera è molto gradita.

Grazie in anticipo a tutti,

La famiglia di Tommy

Inviato da HTC

 




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Fuggitivi da Flatland (Fabio, David, Prarthana,Simone, Elisabetta e Giuseppe)